Micropropagazione, una nuova opportunità per il melo

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Coltura in vitro di microtalee, l’esperienza dagli stati uniti

La problematica del reimpianto è spesso associata al frutteto in produzione, ma risulta evidente anche nei vivai, dove si ottengono alberi meno sviluppati e/o ceppaie improduttive. Ricerche condotte negli USA e in Europa hanno dimostrato che le ceppaie hanno prestazioni migliori quando derivano da piante generate attraverso il processo di micropropagazione.

La «micropropagazione» è uno strumento essenziale per la diffusione di nuove tecnologie per la moltiplicazione dei portinnesti del melo. Questa tecnica permette di ottenere un clone della stessa pianta, ossia un insieme di individui dello stesso patrimonio genetico, tramite l’utilizzo di coltura in vitro di microtalee di meristemi apicali allevati in coltura sterile.

Questa forma di propagazione, utilizzata nel melo sin dagli anni 70 (Cheng, 1978; Jones et al. 1976; Jones, 1976), non deve essere confusa con la propagazione di materiale vegetale generato nella coltura in vitro da callo o altri tipi di tessuti, ma essenzialmente da microtalee radicate, e quindi più simile alla propagazione standard per talea.

Piantine di portinnesto melo in fase di acclimazione ottenute con tecnica sterile di microtalee (North American Plants, Oregon, USA)
Piantine di portinnesto melo in fase di acclimazione ottenute con tecnica sterile di microtalee (North American Plants, Oregon, USA)

Anche se la tecnologia iniziale è vecchia di decenni, solo di recente è stata applicata su larga scala commerciale per propagare i portinnesti del melo. Ciò è probabilmente dovuto a delle esperienze negative che alcuni istituti di ricerca o enti commerciali hanno avuto con certi tipi di colture di tessuti, che tendevano a causare variazioni somaclonali probabilmente dovute a condizioni di stress nella crescita in vitro (Dantas et al., 2000; Rosati P. et al., 1990).

Altri effetti indesiderati, documentati nella bibliografia scientifica, sono l’induzione di tratti giovanili nel materiale vegetale, che presenta principalmente il portinnesto nanizzante M.9, ossia l’aumento di vigore dell’albero e lo sviluppo di polloni e abbozzi radicali (Zummerman et al. 1995; Webster et al., 1989; Jones et al., 1989; Jones et al., 1993).

Un altro aspetto negativo della micropropagazione è la maggiore possibilità di mescolare il materiale del portinnesto in vitro, quando è relativamente indistinguibile, e questo purtroppo diventa evidente solamente in vivaio o addirittura successivamente all’ottenimento della pianta innestata.

Sebbene questi aspetti negativi abbiano ostacolato per qualche tempo l’utilizzo di questa biotecnologia, nuove ricette di propagazione specifiche per genotipo e metodi di coltura con l’aggiunta di controlli di garanzia della qualità, come l’impronta genetica, conosciuta in lingua inglese come «genetic fingerprinting», hanno aperto la strada a un cambio di paradigma nell’utilizzo della micropropagazione dei portinnesti del melo per innesto diretto e per la costituzione di materiale di partenza per la propagazione in ceppaia (Dubranszki et al., 2010).

Ceppaia di G.41 (Stato dell’Oregon, USA) piantata con microtalee (2013)

Micropropagazione per la creazione di ceppaie

Il modo tradizionale per creare una nuova ceppaia per la produzione di portinnesti di melo è quello di utilizzare materiale di partenza, coltivato in un altro vivaio certificato, privo di determinati agenti patogeni. Mentre il processo di certificazione può essere valido per alcune specie come i nematodi e alcuni batteri che causano marciume, il fatto che il materiale di partenza sia stato coltivato nel terreno rende quasi impossibile trasferire una radice pulita, priva di tutti i funghi e batteri, dal suolo di origine alla nuova ceppaia.

La carenza, in questi ultimi due decenni, di fumiganti chimici efficaci come il bromuro di metile e la cloropicrina, e il loro effetto transitorio sulla microfauna del suolo, ha portato alla luce la necessità di utilizzare metodi svincolati dal suolo per stabilire le ceppaie.

Mentre la problematica del reimpianto è per lo più associata al frutteto in produzione, risulta molto evidente anche nei vivai, dove si ottengono alberi meno sviluppati o talvolta ceppaie improduttive. Ricerche condotte negli Stati Uniti e in Francia hanno dimostrato che le ceppaie hanno prestazioni migliori in termini di produttività e salute quando derivano da piante generate attraverso il processo di micropropagazione (Adams, 2010).

Campo con 350.000 alberi di melo (Stato di Washington, USA) sviluppati su portinnesti Geneva® ottenuti direttamente da micropropagazione (2013)
Campo con 350.000 alberi di melo (Stato di Washington, USA) sviluppati su portinnesti Geneva® ottenuti direttamente da micropropagazione (2013)

Questo risultato è probabilmente dovuto a due ragioni, ovvero allo sfruttamento dei caratteri giovanili delle piante derivate dalla micropropagazione, che hanno migliore radicazione e formazione di radici avventizie, e alla migliore condizione sanitaria di queste piante, che non sono state a contatto con strati di suolo contenenti microrganismi patogeni, che causano la stanchezza dei suoli e che evidenziano la problematica del reimpianto.

Un ulteriore vantaggio dell’utilizzo di ceppi micropropagati è la facilità di produrre piante certificate esenti da virus. Quindi molti vivai negli Stati Uniti hanno ora iniziato a propagare le loro ceppaie utilizzando materiale di partenza generato dalla micropropagazione sterile, con l’ulteriore vantaggio di ridurre drasticamente i tempi di ottenimento di materiale vegetativo.

Quando si ha a che fare con il lancio di un nuovo portinnesto, necessario all’industria per superare una particolare malattia o per essere abbinato a una nuova varietà, la micropropagazione è in grado di produrre milioni di piante madri in meno di un anno, rispetto ad altri metodi di moltiplicazione che impiegano diversi anni per ottenere lo stesso numero di piante.

Microinnesto su piante ottenute da microtalee (azienda Agromillora Iberia, Spagna)
Microinnesto su piante ottenute da microtalee (azienda Agromillora Iberia, Spagna)

Micropropagazione per la produzione diretta di alberi di melo

Tradizionalmente le piante di melo sono ottenute quasi al 100% da propagazione vegetativa. La produzione di talee radicate avviene in una ceppaia, per propaggine di trincea, la quale richiede una distanza d’impianto di 1,20-1,40 m × 0,25-0,30 m, con un investimento di 18.000-25.000 piantine/ha..
Recentemente nuovi portinnesti del programma genetico Geneva® sono stati propagati sia con metodi tradizionali sia di micropropagazione, principalmente a causa della domanda che ha eclissato la disponibilità di portinnesti prodotti da ceppaia, ma anche da osservazioni che le piante micropropagate sono cresciute meglio e hanno una maggiore flessibilità tempistica di innesto e di impianto, che soddisfa maggiormente le esigenze degli agricoltori.

Negli ultimi 30 anni sono state condotte molteplici prove sperimentali, che hanno messo a confronto piante ottenute da innesto di materiale tradizionale da ceppaia con piante innestate su materiale micropropagato acclimatato (Autio et al., 2005-2017). In generale, i risultati di queste prove hanno dimostrato che gli alberi micropropagati hanno resa ed efficienza produttiva simile agli alberi tradizionali, pur mostrando a volte un leggero aumento di vigore.

Questo può essere attribuito a un maggiore sviluppo dell’apparato radicale nelle piante micropropagate all’epoca d’impianto nel frutteto. In genere, è stato osservato che le piante da ceppaia presentavano 3-6 radici primarie attaccate al fusto, mentre le piante micropropagate avevano 7-14 radici primarie. Ciò ha portato alla propagazione di diversi milioni di alberi melo negli Stati Uniti su portinnesti prodotti dalla micropropagazione. I frutteti più vecchi hanno
ormai più di 10 anni e hanno mostrato prestazioni eccellenti.

Alberelli della varietà Honeycrisp sviluppati su portainnesti G.969 micropropagati. Questi alberelli sono stati piantati nel mezzo dell’estate nello Stato di Washington (USA)
Alberelli della varietà Honeycrisp sviluppati su portainnesti G.969 micropropagati.
Questi alberelli sono stati piantati nel mezzo dell’estate nello Stato di Washington (USA)

Alberi microinnestati

I portinnesti del melo micropropagati, oltre a servire come fonte di materiale per i tradizionali vivai, possono essere utilizzati per generare piante in vaso coltivate in serra, attraverso la tecnica del microinnesto.

  • La pianta di melo in vaso microinnestata, utilizzata già per altre specie (pesco e ciliegio), fornisce ulteriori opportunità per l’agricoltore: evita gli stress da trapianto;
  • può essere piantata quasi in qualsiasi momento dell’anno, perché fornita con il proprio sistema di radici in vaso;
  • può essere utilizzata come reimpianto sostitutivo, in strutture di frutteto permanenti (con palature di sostegno e reti antigrandine e/o antinsetto);
  • limita gli stress da reimpianto avendo un apparato radicale di altissima qualità, con molte radici primarie.

Tuttavia esistono alcune avvertenze nell’utilizzo delle piante in vaso per non incorrere in insuccessi di impianto:

  • sono facili da movimentare, ma occorre attenzione nel maneggiarle nelle fasi di trasporto, scarico e impianto;
  • evitare di piantare le piante in vaso in autunno, in zone soggette a freddi invernali precoci;
  • assicurare l’approvvigionamento idrico all’impianto, se si effettua in periodi caldi di tarda primavera.

Situazione in Europa

Alberelli microinnestati pronti per lo sviluppo della pianta in serra (azienda Agromillora Iberia, Spagna)
Alberelli microinnestati pronti per lo sviluppo della pianta in serra (azienda Agromillora Iberia, Spagna)

Da un paio di anni alcuni vivai specializzati nella tecnica di micropropagazione hanno iniziato a sviluppare i genotipi della serie Geneva®, per fornire i vivai sia di portinnesti sia di piante microinnestate. Questa è una grande opportunità per i vivai per poter soddisfare le richieste di materiale in tempi brevi e ridurre i tempi di permanenza delle piante in vivaio, con conseguente beneficio logistico ed economico.

I primi impianti commerciali sono stati avviati nel 2019 e 2020 sia in aziende a conduzione convenzionale sia biologica.

 

Articolo scritto in l’Informatore Agrario.

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