La gestione del suolo sotto chioma con telo pacciamante
La gestione agronomica del suolo rappresenta uno degli aspetti più importanti nella conduzione di un sistema arboreo, ancora di maggiore importanza in un sistema di conduzione specializzato, quale quello degli oliveti condotti a parete
In arboricoltura è stata per lungo tempo considerata un aspetto tecnico di scarsa importanza facendo ricorso quasi esclusivamente alle lavorazioni meccaniche tra le file con aratri e con specifiche attrezzature, quali scalzatori a lame o elementi rotativi per la lavorazione interfila. Solo dopo l’introduzione di modifiche nei sistemi d’impianto con i modelli a parete, la gestione del suolo, ha suscitato un notevole interesse nel settore della ricerca, in quanto rappresenta uno degli aspetti da tenere in maggiore considerazione per l’ottenimento di specifici obiettivi non solo quantitativi e qualitativi ma anche di salvaguardia e sostenibilità ambientale.
Diverse sono le strategie che si possono mettere in atto per la gestione del suolo, ma quello che appare evidente è che per le esperienze acquisite negli ultimi anni non esiste una sola strategia vincente, ma diverse sono le opzioni che possono essere messe in campo in funzione della diversa tessitura del suolo, della presenza dell’irrigazione e della gestione in biologico o convenzionale. Nel caso di mancanza dell’irrigazione appare evidente che una strategia vincente è la non lavorazione del terreno almeno per un arco temporale definito tra settembre e marzo tale da permettere la crescita di una cotica erbosa spontanea, utile anche per le fasi di raccolta e successiva potatura. Tale cotica erbosa verrà successivamente eliminata e sostituita con erpicature leggere nel periodo tardo primaverile ed estivo.
La lavorazione di giugno elimina eventuali infestanti rinate e permette di limitare le perdite di acqua dal terreno per evapotraspirazione. In alternativa, alla prima lavorazione del terreno si può effettuare la trinciatura in modo che i residui possano costituire un ottimo strato pacciamante durante tutta l’estate o, ancora, diserbo dal chimico localizzato all’inizio dell’autunno con successiva lavorazione, sempre in caso di oliveti in asciutto. Nel caso di oliveti irrigui invece, ci sono due possibilità. Nel primo caso il terreno viene lasciato inerbito durante tutto l’anno o solo tra settembre e aprile.
Nell’ultimo caso, le infestanti possono essere controllate mediante la trinciatura eseguita talvolta anche in concomitanza della potatura che ne consente di sminuzzare i residui della stessa operazione.
Nel secondo caso può essere introdotto il diserbo come pratica di controllo da aprile in poi e ripetuto in estate per eliminare le infestanti la cui crescita è fortemente stimolata nel periodo estivo a seguito di soventi irrigazioni e fertirrigazioni. Le infestanti appaiono proprio nell’interfila in prossimità delle ali gocciolanti ed in questo caso il passaggio alla tecnica della subirrigazione potrebbe essere pertanto una valida strategia di controllo delle infestanti nel periodo estivo, agendo indirettamente sulla causa della crescita delle stesse. La subirrigazione in tal senso svolgerebbe una duplice azione, riduzione dei volumi idrici utilizzati e dall’altra parte non bagnando il terreno negli strati superificiali evita la formazione delle cosiddette “linee verdi estive” che si creano proprio in concomitanza dell’ala gocciolante. Tale strategia permette di eliminare completamente le lavorazioni ed al momento della raccolta, il terreno sarà coperto da un inerbimento contenuto che facilita il transito dei mezzi e delle attrezzature per la raccolta.
Possiamo riassumere pertanto che la gestione del suolo nella fila risulta essere abbastanza agevole nei diversi modi suggeriti, anche in virtù della linearità dei filari dei nuovi oliveti con sesti in rettangolo. Sovente difatti è in fase di impianto utilizzare delle tecniche di piantumazione con tecnologia satellitare di precisione. La gestione del suolo invece nell’interfila risulta essere ancora problematica per diverse ragioni specie se presa in considerazione nelle prime fasi d’impianto quando le piante sono giovani e maggiormente sensibili a danni meccanici e/o danni da deriva di diserbanti chimici. In regime di agricoltura convenzionale la pratica del diserbo nell’interfila risulta essere la pratica più valida per ragioni economiche. Per l’utilizzo della tecnica del diserbo è fortemente consigliato utilizzare delle protezioni in materiale plastico foto stabilizzato e opportune barre diserbo con campane, tale da limitare del tutto la deriva dei prodotti utilizzati. La lavorazione meccanica nell’interfila può essere una buona opzione sia per le aziende convenzionali che biologiche e consiste nell’utilizzo di specifiche attrezzature che operano scavallando la pianta guidati da tastatori e comandi elettro- oleodinamici che spostano l’attrezzo di lavoro autonomamente.
Ad esempio, possono essere utilizzati la lama sarchiante nei periodi estivi, ed erpice, dischi nel periodo invernale. Molto importante nell’utilizzo di tali attrezzature è il settaggio di tale dispositivo, in quanto in molti casi vengono non opportunamente regolate in campo provocando danni alle piante specie in fase giovanile della pianta, arrecando lacerazioni con il contatto del tastatore o lacerazioni alle radici della pianta. Una delle soluzioni adottate negli ultimi anni per la gestione nell’interfila è la pacciamatura, utilissima in regime di agricoltura biologica e non solo. Tale tecnica evita l’utilizzo di prodotti chimici quali diserbanti, risulta essere funzionale e duratura nel tempo e non arreca danno alle giovani piantine con danni meccanici accidentali, eliminando di fatto le controindicazioni degli altri metodi di gestione. La pacciamatura può essere realizzata con diversi materiali di origine organica o chimica quali film di polietilene (PEN), tessuto non tessuto (TNT), tessuto agritela (tessuta a telaio).
Dei prodotti di originale organica l’unico ad essere preso in considerazione è la sansa esausta che va impiegata ad uno spessore di circa 3 cm, equivalenti a 0,11 m3 di sansa considerando un massa volumica pari a 166 kg m-3, per pianta. Volumi inferiori a tali indicazioni vanificano l’efficacia del controllo delle infestanti. Dal punto di vista chimico-fisico la sansa esausta consente gli scambi gassosi tra il suolo e l’ambiente, fungendo ugualmente un ottima azione meccanica di controllo sulle infestanti spontanee sottostanti, ma anche azione fitotossica sui semi. Con i prodotti chimici film o tessuti plastici invece l’azione meccanica rimane la medesima, ma viene meno l’azione di fitotossicità sui semi.
Gli scambi gassosi se si decide di optare per i film plastici vengono bloccati, mentre per l’agritela e i tessuti rimangono inalterati, riducendo lo sviluppo di flore microbiche indesiderate e ristagni idrici che possono favorire lo sviluppo di malattie funginee all’apparato radicale o al collettodella pianta. Il tessuto Agritela inolte oltre a lasciare inalterati gli scambi gassosi, presenta la massima resistenza (fino a 20.000 newton/metro) permettendo il passaggio delle attrezzature agricole senza arrecare alcun danno. Numerose sono per questo motivo le aziende che stanno optando per questo materiale spingendosi a considerare la pacciamatura duratura non solo per la fase di allevamento ma anche successivamente per quella di produzione.
In conclusione l’utilizzo della pacciamatura consente di migliorare i parametri vegetativi e produttivi rispetto alle gestioni del suolo che non la prevedono, inoltre consente di migliorare gli standard di sostenibilità per via della riduzione delle operazioni colturali eseguibili nel lungo periodo di vita dell’impianto. Il costo di posa in opera delle stesse viene ampiamente ripagato nel lungo termine dalle economie della gestione del suolo nel lungo periodo, nonché del minor utilizzo di diserbanti chimici. In valutazione sono l’utilizzo di materiali di matrice organica biodegradabili che possono in futuro sostituire i tessuti o film plastici ad oggi presenti sul mercato, tale da rendere ancora di più ecosostenibile per l’ambiente e la qualità delle produzioni ottenibili. I sistemi di allevamento a parete sono sistemi aperti ed in evoluzione e come tale anche le tecniche di coltivazione cambiano seguendo le esigenze dell’agricoltura moderna.