La mandorlicoltura è sempre più oggetto di attenzione da parte dei frutticoltori del Meridione d’Italia
La crescita della produzione italiana di mandorle non regge ancora il passo con il boom dei consumi e con l’utilizzo del frutto da parte dell’industria di trasformazione. La mandorlicoltura è sempre più oggetto di attenzione da parte dei frutticoltori del Meridione d’Italia e non solo; questo si evince dalla costituzione di impianti di mandorlo che sorgono anche in aree non storiche per la specie e dalle innumerevoli piccole realizzazioni e dai test di valutazione vocazionale alla coltivazione effettuati dal Piemonte alla Sicilia (Catalano et al. 2021).
Sebbene il mandorlo sia considerato una specie tollerante alla siccità, la disponibilità di acqua e il modo in cui viene applicata e distribuita è un fattore fondamentale per il suo sviluppo e la sua resa (Goldhamer e Fereres, 2017, Gutiérrez-Gordillo et al., 2020). La specie beneficia oggi di nuove tipologie di piante, di varietà a fioritura extra-tardiva e di nuovi modelli d’impianto, ma per assicurare risultati produttivi ed economici adeguati necessita di un’attenta sperimentazione e di assistenza tecnica.
I cambiamenti climatici in atto e le previsioni di crescita della popolazione mondiale stanno portando all’adozione di pratiche di gestione sostenibili in agricoltura volte ad aumentare la produzione di cibo, ma con un uso più efficiente delle risorse idriche e del suolo (Almagro et al., 2016, Delgado et al., 2013, Eekhout e de Vente, 2019). Il bacino del Mediterraneo è caratterizzato da una carenza di precipitazioni e di risorse idriche, per cui l’adozione di pratiche agronomiche sostenibili è essenziale nella gestione dei sistemi agricoli. In questo contesto, la coltivazione del mandorlo in quest’area richiede l’implementazione di pratiche agricole che migliorino l’efficienza nell’uso dell’acqua e abbiano un basso impatto ambientale.
La mandorlicoltura, alla luce dei prezzi del prodotto sul mercato, rappresenta sia una valida alternativa ad altre colture frutticole ormai in crisi nelle aree di pianura ed è una redditizia opzione in aree marginali. Inoltre l’utilizzo di portainnesti nanizzanti consente la realizzazione di frutteti con sistemi d’allevamento ad alta densità di impianto che possono essere gestiti in maniera completamente meccanizzata per quanto attiene alle operazioni di gestione della chioma e raccolta (Losciale, 2019). Il mandorlo, così come altre specie di frutta a guscio, può essere moltiplicato agamicamente evitando l’innesto e ciò consente una riduzione dei costi di produzione in vivaio. Le piante autoradicate risultano maggiormente tolleranti alla siccità e ciò evita condizioni di stress che possono indurre l’alternanza di produzione.
Nuovi impianti ad alta densità con piante autoradicate possono essere realizzati in asciutto controllando il volume della chioma mediante la potatura meccanica. La riduzione della chioma (40-60%) consente di ridurre i volumi idrici di irrigazione da circa 5.000-6.000 m3/ha a circa 2.000-3.000 m3/ha. Negli impianti tradizionali con sesti di impianto 8 × 8 o 7 × 6 m e con piante innestate la gestione idrica è difficile e la chioma aumenta gradualmente di volume. Inoltre nei sistemi ad alta densità rispetto a quelli tradizionali, si osserva un anticipo dell’entrata in produzione dovuto ad una maggiore densità di impianto.
In Spagna sono in atto diverse sperimentazioni con l’utilizzo di piante autoradicate, sistemi ad alta densità gestiti in asciutto con varietà come ‘Avijor’, ‘Guara’, ‘Soleta’, ‘Penta’ e, più recentemente, ‘Vialfas’, tutte autofertili e a fioritura tardiva. Rispetto ai mandorleti ad alta densità in irriguo è necessario adattare le distanze di impianto e il volume della chioma alla minore disponibilità idrica.
I campi sperimentali sono stati realizzati in diversi areali della Spagna ampliando la distanza tra i filari (4 m) e tra le piante sulla fila (1,4 m) con una densità di impianto di 1.786 piante/ha. Al fine di ridurre il consumo idrico, il volume della chioma e stato ridotto del 40% (3.000 m3/ha; Fig. 1A) allevando le pianta con un’altezza della parete produttiva di 2.0 m e del 55% (2.250 m3/ha; Fig. 1A) con un’altezza di 1.5 m rispetto ad un impianto di mandorlo superintensivo in irriguo, con distanza di 3,5 × 1,25 m (2.286 piante/ha), altezza della parete produttiva di 2,2 m e larghezza di 0,6 m (5.025 m3/ettaro; Fig. 1B). Il volume della chioma in queste tipologie di impianto in asciutto deve essere adattato e regolato in base all’areale tenendo conto delle precipitazioni (quantità e regolarità), del tipo di terreno e della sua capacità di trattenere l’acqua (Iglesias I. com. pers.).
E’ possibile anche realizzare impianti con distanza di 5.0 × 1,5 m (1.333 piante/ha) con altezza della parete produttiva di 2,5 m e larghezza di 0,6 m al fine di ridurre il numero di piante ad ettaro mantenendo la massa vegetativa complessiva di 3.000 m3/ettaro al fine di ridurre la superficie periferica della chioma per consentire una migliore capacità di adattamento alla inferiore disponibilità di acqua.
La formazione della chioma, così come per i sistemi ad alta densità in irriguo, deve essere effettuata mediante ripetute cimature nei primi 2 o 3 anni per completarla nel quarto anno. A causa delle condizioni limitanti in termini di disponibilità idrica, il vigore sarà inferiore e il numero di cimature per l’accestimento, durante i primi 2 o 3 anni, sarà ridotto di circa la metà.
Le cultivar maggiormente adatte alla coltivazione in asciutto sono quelle che, oltre ad essere autofertili, hanno ciclo vegetativo più breve, ovvero con un numero di giorni dalla fioritura alla raccolta inferiore al fine di ridurre il fabbisogno idrico della pianta. Inoltre, se hanno medio vigore con una buona attitudine alla ramificazione si adatteranno maggiormente all’alta densità. Le varietà a fioritura tardiva o molto tardiva consentono si sfuggire alle gelate tardive. Nell’ambito della sperimentazione ‘Penta’ ha mostrato un comportamento eccellente seguita da ‘Avijor’, mentre ‘Soleta’ ha un periodo vegetativo più lungo e un maggiore vigore, invece‘Vialfas’ è una varietà a fioritura tardiva e con una raccolta a fine agosto.
Attualmente non sono ancora disponibili dati sulla potenzialità produttiva di mandorleti ad alta densità in asciutto, se consideriamo un mandorleto in irriguo con un volume della chioma pari a 5.025 m3/ha essa è pari a 2.280 kg/ha (seme). Considerando i volumi della chioma ridotti nelle piante autoradicate in asciutto la potenzialità produttiva dovrebbe essere pari a 1.361 e 1.021 kg/ha, per le due altezza considerate. Nonostante ciò, a causa della mancanza di risultati attendibili si può stimare una produzione con valori inferiori rispetto a quelli attesi (pari a 650 kg/ha) tenendo in considerazione che le piante autoradicate alla fine del secondo e terzo anno hanno un potenziale di produzione di 300- 500 kg/ha.
La coltivazione del mandorlo ad alta densità con piante autoradicate apre la possibilità di ottenere di uno sviluppo di questa specie anche in terreni non irrigati che sono dedicati ad altre colture.
La meccanizzazione totale della coltura, inoltre, la rende indipendente dal costo e dalla disponibilità di manodopera. Inoltre, l’utilizzo di una coltivazione in biologico potrebbe apportare un guadagno supplementare ed essere anche un’opzione interessante in terreni asciutti con precipitazioni molto basse, ma con un’irrigazione di supporto. Attualmente la scarsità di mezzi tecnici per la protezione di questa specie crea non pochi problemi per una corretta difesa e protezione da insidiosi organismi nocivi.
L’espansione della coltura con la realizzazione di mandorleti in nuovi areali richiede un’adeguata valutazione e validazione della vocazionalità degli ambienti di coltivazione, dell’estensione della superficie aziendale, della scelta varietale e della conoscenza nella gestione dell’impianto. La scarsa esperienza di molti frutticoltori, sono la causa di molti errori e cattive pratiche agronomiche che poi influiscono negativamente sull’efficienza produttiva degli impianti e sui risultati economici finali.
E’ necessario che al mandorlo siano indirizzate quelle attenzioni rivolte ad altre specie fruttifere, sia da parte delle istituzioni di ricerca e sperimentazione, sia da parte del comparto della formazione tecnica. Rafforzando il bagaglio di conoscenze e di operatori che possano interpretare in maniera razionale e competitiva una coltura che può dare soddisfazioni e creare una valida alternativa in aree e per settori produttivi in difficoltà.
Bibliografia
Catalano L.; Laghezza L.; Digiaro d.; Gentile C. (2021). Uno sguardo alla nuova mandorlicoltura italiana sempre più in crescita. Rivista di frutticoltura e di ortofloricoltura
Almagro, M.; de Vente, J.; Boix-Fayos, C.; García-Franco, N.; Melgares de Aguilar, J.; González, D.; Solé-Benet, A.; Martínez-Mena M. (2016). Sustainable land management practices as providers of several ecosystem services under rainfed Mediterranean agroecosystems. Mitig. Adapt. Strateg. Glob. Change, 21, 1029-1043.
Delgado, J.A.; Nearing, M.A.; Rice, C.W. (2013). Conservation practices for climate change adaptation. Advances in Agronomy, Academic Press, pp. 47-115.
Goldhamer, D.A.; Fereres, E. (2017). Establishing an almond water production function for California using long-term yield response to variable irrigation Irrig. Sci., 35, 169-179.
Gutiérrez-Gordillo, S.; Durán Zuazo, V.H.; Hernández-Santana, V.; Gil, F.F.; Escalera, A.G.; Amores-Agüera, J.J., García-Tejero, I.F. (2020). Cultivar dependent impact on yield and its components of young almond trees under sustained-deficit irrigation in semi-arid environments. Agronomy, 10, p. 733.
Losciale P. (2019). Il Mandorlo. Coltivazione e innovazione. Ed. Edagricole, Milano, pp. 119.